Utente:Andrea1559/Devorà Ascarelli

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Un libro tradotto in italiano da Devorà Ascarelli.

Devorà Ascarelli è stata una poetessa romana del Rinascimento. Si suppone che sia stata la prima donna ebraica a pubblicare un proprio lavoro.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Le fonti sulla sua infanzia sono pochissime e anche sul suo nome ci sono versioni differenti.[2] La dedica presente nel suo libro, L’abitacolo Degli Oranti, riporta che Devorà visse a Roma nel Cinquecento e fu sposata con Giuseppe Ascarelli. Questi era un mercante e conoscendo molte lingue si dedicò alla traduzioni di diversi scritti.[3] Alcuni hanno suggerito il fatto che Devorà e Giuseppe potrebbero aver portato lo stesso cognome perché cugini. Sembra, inoltre, che vi siano delle connessioni tra la famiglia degli Ascarelli e alcuni importanti membri della comunità catalana presenti a Roma.

L’abitacolo degli Oranti[modifica | modifica wikitesto]

Il libro di Devorà Ascarelli L’abitacolo Degli Oranti venne pubblicato una prima volta nel 1601 e una seconda nel 1609. Esso contiene la traduzione di testi liturgici ebraici  in italiano accanto ad alcune poesia dell'Ascarelli. Esso è conosciuto con il titolo di Me’on ha-Sho’alim.[4]

Il modo in cui è stato pubblicato il libro è controverso. Alcune fonti affermano che un amico di nome David della Rocca pubblicò postumo il lavoro della Ascarelli.[5] Altri sostengono che al Rocca, un ebreo romano, non gli sarebbe stato permesso di pubblicare il lavoro a Venezia. Probabilmente Rocca ha semplicemente assistito l'Ascarelli ancora in vita con la pubblicazione del suo lavoro. L'editore dell'edizione del 1601 fu Daniel Zanetti, un cristiano che pubblicò libri ebraici. L'edizione del 1609 fu pubblicata da Giovanni di Gara apparentemente con l'assistenza di Samuele Castelnuovo.

Il primo racconto nel libro Me’on ha-Sho’alim è una parte del Mikdash Me'at, Il Tempio, un poema sul Yom Kippur scritto da Moses Rieti da Perugia (1388–1459). Nella traduzione Ascarelli il testo è in rime italiane.

Altre traduzioni del libro comprendono le traduzioni in prosa di Barekhi Nafshi (Benedici il Signore o anima mia) di Bahya ibn Paquda di Saragozza, La Grande Confessione di un rabbino di nome Nissim e una preghiera sefardita per Yom Kippur.

Ascarelli ha composto due sonetti pubblicati nel libro. Il primo, Il ritratto di Susanna, è basato sulla storia apocrifa di Susanna. Nel secondo, Quanto e 'in me di Celeste ("Qualunque cosa in me è del Paradiso"), la narratrice descrive l'acquisizione di virtù dal Cielo come un'ape sui fiori. Sebbene sia anonimo, questo poema è stato interpretato come particolarmente autobiografico perché il nome Devora o Deborah significa "ape". [6]

Basato sulla sua poesia, Ascarelli è stata descritta come "pia" "pudica e ritirata."

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ascarelli, Debora, e Pellegrino Ascarelli, Debora Ascarelli Poetessa. Roma: Sindacato italiano arti grafiche, 1925. Include il testo originale di Devora Ascarelli, L’abitacolo Degli Oranti.
  • Pesaro, A. “Alle Donne celebri Israelite.” In Il Vessilio Israelitico 29 (1881): 34–37 and 67–68.
  • Henry, Sondra and Emily Taitz. Written Out of History: A Hidden Legacy of Jewish Women Revealed through Their Writing and Letters. New York: 1978. Pages 130-131 include due sonetti in Ascarelli tradotti da by Vladimir Rus.

References[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Poeti italiani del XVI secolo]] [[Categoria:Ebrei italiani]]