Conquista portoghese di Malacca

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Conquista portoghese di Malacca
"La conquista di Malacca, 1511" di Ernesto Condeixa (1858-1933)
Data15 agosto 1511 (21 Jumādā I 917)[1][2]
LuogoMalacca (Malesia)
EsitoI portoghesi conquistano Malacca e v'installano una guarnigione, garantendosi il controllo diretto su di uno snodo nevralgico della rotta delle spezie[3]
Modifiche territoriali
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
700 soldati portoghesi[4]
300 ausiliari del Malabar[4]

11 nau
3 caravelle
2 galee[5]
20.000 uomini[6]
circa 100 pezzi d'artiglieria[7][N 1]
20 elefanti da guerra
Perdite
Sconosciute[8]Sconosciute
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La conquista portoghese di Malacca avvenne per mano del governatore dell'India portoghese Alfonso de Albuquerque nel 1511.

La città portuale di Malacca controllava uno stretto strategico attraverso il quale si concentravano tutti i commerci marittimi tra la Cina dei Ming e l'India.[3] La sua conquista, fondamentale per la prosperità dell'Impero portoghese, fu il risultato di un piano elaborato da re Manuele I del Portogallo nel 1505 per arginare la crescente ingerenza oceanica del Vicereame della Nuova Spagna[9] e dell'intraprendenza di Albuquerque, deciso a garantirsi, dall'India, il controllo sulla rotta delle spezie conquistando Hormuz, Aden, Goa e Malacca, estromettendo così dal lucroso commercio i musulmani attivi da secoli nell'oceano Indiano.[10]

Partito da Kochi (India) nell'aprile del 1511, Albuquerque veleggiò verso una missione senza via di ritorno: una volta giunto a destinazione, i venti monsonici contrari gli avrebbero impedito di tornare, lasciandolo isolato in territorio ostile. L'operazione si concluse con l'annessione territoriale più lontana nella storia dell'umanità fino ad allora.[11]

Malacca sarebbe rimasta in mano portoghese fino al 14 gennaio 1641, quando fu conquistata dagli olandesi.

Malesi di Malacca - ill. da Codex Casanatense (c. 1540)
Lo stesso argomento in dettaglio: Sultanato di Malacca.

Fondata all'inizio del XV secolo (circa 1402) in prossimità dell'omonimo stretto dal principe malese Parameswara (esiliato dal Palembang)[12], la città portuale di Malacca (Malesia) era la capitale del Sultanato di Malacca e lo snodo nevralgico dei commerci tra la Cina dei Ming e i vari potentati del Subcontinente indiano.[3] Padrona d'un territorio che s'estendeva su quasi tutta la penisola malese, le isole Riau e una porzione significativa della costa settentrionale di Sumatra (odierna Indonesia)[13], l'entrepôts ospitava molte comunità di mercanti (arabi, persiani, turchi, armeni, birmani, bengalesi, siamesi, peguani e lusong) delle quali le quattro più influenti erano: i musulmani gujarati e giavanesi, gli indù del Coromandel e i cinesi. Secondo il farmacista portoghese Tomé Pires, vissuto a Malacca tra il 1512 e il 1514, in questa città cosmopolita si parlavano ben 84 dialetti.[14] Il fattore portoghese Rui de Araújo censì a Malacca 10.000 case e una popolazione stimata di almeno 40.000 abitanti.[15]
Secondo Brás de Albuquerque, figlio di Afonso de Albuquerque:[16]

«Il Regno di Malacca è confinato da una parte dal Regno di Kedah e dall'altra dal Regno di Pahang ed è lungo 100 leghe lungo la costa e 10 leghe nella terraferma fino a una catena montuosa che divideva con il Regno del Siam. Tutta questa terra un tempo era soggetta al Regno del Siam fino a circa novant'anni prima [all'arrivo di Afonso de Albuquerque da quelle parti]»

Malacca fu il caposaldo da cui s'irradiò nell'arcipelago malese l'Islam, insieme alla letteratura e alle arti malesi. Il "malese classico" divenne la lingua franca del sudest asiatico marittimo e la scrittura Jawi divenne il principale mezzo di scambio culturale, religioso e intellettuale. Fu attraverso questi sviluppi intellettuali, spirituali e culturali che la c.d. "Era malacense" vide l'inculturazione di un'identità malese, la maleseizzazione della regione e la successiva formazione di un Alam Melayu, il concetto d'una "razza malese unita".[17][18] Geograficamente, la città sorgeva però su infidi terreni paludosi circondati da un'inospitale foresta tropicale e dipendeva integralmente dal commercio per il suo sostentamento: es. il riso fornito dai mercanti di Giava.[19]

Le prime sommarie informazioni su Malacca arrivarono in Portogallo al rientro in patria di Vasco da Gama dopo la prima traversata verso l'India tramite il Capo di Buona Speranza. Era descritta come una città a 40 giorni di viaggio dall'India, dove si vendevano chiodi di garofano, noce moscata, porcellana cinese e seta, e si supponeva fosse governata da un sovrano che poteva radunare 10.000 uomini per la guerra ed era cristiano.[10] Da allora, re Manuele I del Portogallo aveva mostrato interesse a prendere contatto con Malacca, credendo che fosse in corrispondenza, o almeno vicino, all'antimeridiano di Tordesillas.[20] Nel 1505 Dom Francisco de Almeida fu nominato da re Manuele primo viceré dell'India portoghese e, tra i suoi incarichi, ricevette appunto anche quello di scoprire la sua posizione precisa.[9] Almeida fu però incapace di dedicare risorse all'impresa: inviò solo due ambasciatori portoghesi sotto copertura nell'agosto 1506, Francisco Pereira e Estevão de Vilhena, a bordo di un mercantile musulmana. La missione fallì quando i portoghesi furono scoperti e quasi linciati sulla Costa del Coromandel. Pereira e Vilhena se ne tornarono così alla catichella in India, giungendo a Kochi in novembre.[21]

La missione di Sequeira

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Per nulla impressionato dalla mancanza di risultati di Almeida, nell'aprile 1508 re Manuele inviò direttamente a Malacca una flotta composta da quattro navi sotto il comando del fidalgo Diogo Lopes de Sequeira che aveva anche il compito di mappare il Madagascar e raccogliere informazioni sui cinesi. Sequeira ricevette ordini reali (pt. regimento) che gl'intimavano specificamente di ottenere il permesso di aprire un avamposto commerciale diplomaticamente e di commerciare pacificamente, non rispondendo ad alcuna provocazione e di non aprire il fuoco a meno che non gli venisse sparato contro:

(PT)

«vos encomendamos e mandamos que em todas as partes omde chegardes naam façaees dano neem maal algum, antes todos de vos recebam homra, e favor, e guasalhado, e boom trauto, porque asy compre nestes começos por noso seruiço. E aimda que pella vemtura comtra vos se cometa allguma cousa, desymulallo-ees o melhor que poderdes, mostrande que aimda que teuesseis cauza e rezam pera fazerde dano, o lleixaes de fazer por asy vos mandado por nos, e nam quererdes senam paz e amizado peo, o armando sobre vos ou vos fazemdo allgum emgano tall que vos parecese que vos queriam desarmar, emtam faress a quem isto vos cometese todo o dano e mall que podeseis, e em outro caso nam farees nenhuma guerra nem mall»

(IT)

«Ordiniamo e comandiamo che tu non faccia danno o male ad alcuna delle parti che raggiungi, e piuttosto che tutti dovrebbero ricevere da te onore, favore, ospitalità e commercio equo, poiché il nostro servizio lo richiede in questi inizi. E sebbene qualcosa possa essere commesso contro di te nella tua impresa, e tu possa essere in te giusto per causare danni, dissimulalo come meglio puoi, mostrando che non desideri solo pace e amicizia, poiché te lo esigiamo. Tuttavia, se dovessi essere attaccato o ingannato in modo tale che ti possa sembrare che volessero farti del male, allora farai tutto il danno e il danno che puoi a coloro che hanno cercato di commetterlo contro di te, e in nessun'altra situazione devi fare la guerra o fare del male?»

Nell'aprile 1509 la flotta era a Kochi, sede del principale alleato indiano dei Portoghesi, il Regno di Cochin. Il viceré Almeida incorporò alla spedizione un'altra caracca per rafforzarla e, al contempo, liberarsi di alcuni partigiani del nuovo governatore appena giunto dalla madrepatria, Alfonso de Albuquerque. Tra i suoi membri dell'equipaggio c'era anche Ferdinando Magellano.[23]

Durante il viaggio dall'India a Malacca, Sequeira fu ben accolto dai sovrani di Pedir (Indonesia) e Pasai (Sumatra) che gl'inviarono dei regali. Il fidalgo eresse, secondo l'uso, croci di pietra (padrão ) in entrambi i luoghi, rivendicando la scoperta e il possesso per la Corona. Gettò infine l'ancora nel porto di Malacca nel settembre 1509, dove terrorizzò il popolo con il tuono della sua artiglieria, tanto che tutti si affrettarono a bordo delle loro navi per cercare di difendersi da questo nuovo e sgradito ospite. Una barca giunse dalla città per chiedere ai portoghesi la loro identità.[24] Sequeira cercò subito di contattare i mercanti cinesi del porto che lo invitarono a bordo di una delle loro giunche commerciali, lo ricevettero molto bene a cena ed organizzarono per lui un incontro con il sultano Mahmud Shah. Questi concesse prontamente l'autorizzazione ai portoghesi d'erigere una feitoria a Malacca ed addirittura fornì un edificio a tale scopo. Diffidando della minaccia che i portoghesi rappresentavano ai loro interessi, tuttavia, le potenti comunità mercantili dei gujarati musulmani e dei giavanesi convinsero Mahmud Shah e il suo Bendahara (vizir) Tun Mutahir a tradire e catturare i portoghesi.[25] Sequeira, non diffidando dell'amabilità del Sultano, ignorò gli avvertimenti che Duarte Fernandes, un membro del suo equipaggio che conosceva il farsi, aveva ottenuto da un locandiere persiano sui preparativi in corso per distruggere la flotta, informazioni poi confermate anche dai mercanti cinesi.[26] Sequeira stava giocando a scacchi a bordo della sua nave ammiraglia quando la flotta malese, travestita da convoglio mercantile, tese un'imboscata alle navi portoghesi.[27] I portoghesi respinsero ogni tentativo d'abbordaggio ma, di fronte all'enorme numero di navi malesi e incapaci di sbarcare forze per salvare i compagni che erano rimasti nella feitoria, Sequeira risolse di tornare in India prima dell'inizio del monsone e di abbandonare i connazionali nel sud-est asiatico. Prima di partire, il fidalgo inviò un messaggio al Sultano e al Bendahara: due prigionieri ciascuno con una freccia nel cranio a monito di ciò che sarebbe accaduto loro se avessero danneggiato i 20 portoghesi rimasti alla loro mercé (ed arresiglisi).[27]

La missione di Vasconcelos e l'arrivo di Albuquerque

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rappresentazione portoghese di un lancaran malese e di una giunca cinese.

Dopo aver raggiunto Travancore in aprile, Sequeira scoprì che Albuquerque era succeduto ad Almeida quale governatore dell'India portoghese e, temendone rappresaglie, preferì tornare subito in Portogallo.[27]

Nel frattempo, a Lisbona, re Manuele aveva varato un'altra flotta, più piccola, al comando di Diogo de Vasconcelos per commerciare direttamente con Malacca, da lui ritenuta una base commerciale ormai stabile e sicura poiché fidava nel buon esito dell'invece fallimentare missione di Sequeira. Vasconcelos arrivò nell'isola di Angediva nell'agosto del 1510 dove trovò il governatore Albuquerque che riposava le sue truppe dopo non essere riuscito a catturare Goa alcuni mesi prima e gli rivelò immediatamente le sue intenzioni di navigare verso Malacca. Albuquerque aveva nel frattempo ricevuto messaggi dai prigionieri di Malacca, scritti dal fattore Rui de Araújo e inviatigli dal più potente mercante di Malacca, l'indù Nina Chatu che intercedeva per i portoghesi. Araújo dettagliò la forza militare del Sultano, l'importanza strategica di Malacca e la loro atroce prigionia. Albuquerque era dunque pienamente consapevole che per Vasconcelos portarsi a Malacca con una forza così esigua era un suicidio. Riuscì a convincerlo, a malincuore, ad aiutarlo a conquistare Goa,[28] dopodiché Vasconcelos insistette che gli fosse permesso di procedere a Malacca ma Albuquerque glielo negò. Vasconcelos si ammutinò e tentò di salpare contro gli ordini del Governatore ma fu imprigionato e i suoi piloti impiccati. Albuquerque assunse il comando diretto della spedizione e in aprile partì da Kochi con 1000 uomini e 18 navi.[29]

Traversata dell'Oceano Indiano

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Durante la traversata nel sud-est asiatico, Albuquerque perse una galea e una vecchia nau. A Sumatra, salvò nove prigionieri portoghesi fuggiti nel Regno di Pedir che lo informarono di dissidi interni a Malacca: il Bendahara era stato recentemente assassinato. Lì il governatore intercettò anche diverse navi mercantili del Sultanato del Gujarat, nemico dei portoghesi.

Passando da Pacem, i portoghesi si imbatterono in un Djong molto grosso, più grande persino della loro ammiraglia, la Flor de la Mar. I portoghesi gli ordinarono di fermarsi ma questo aprì prontamente il fuoco sulla flotta, scatenando il tiro di risposta lusitano. Si resero però conto che le loro bombarde erano per lo più inefficaci perché le loro palle di cannone rimbalzavano sullo scafo dell'enorme giunca. Lo scontro divenne una guerra di logoramento. Dopo due giorni di bombardamenti continui, la giunca aveva il timone distrutto, gli alberi abbattuti e la maggior parte dell'equipaggio ucciso; così si arrese. Una volta a bordo, i portoghesi trovarono un membro della famiglia reale di Pacem che Albuquerque imprigionò sperando di poterlo scambiare con i prigionieri portoghesi.[30]

Preparativi malcensi

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Un soldato malese armato di lancia azagaya e kriss.

Tutti i possedimenti insulari e peninsulari del vasto dominio del sultano Mahmud Shah obbedirono, per quanto possibile, alla sua chiamata alle armi contro i portoghesi[31]: Palembang, Indragiri, Menangkabau e Pahang hanno tutti inviato truppe e forse anche altri territori l'hanno fatto; l'unico stato rinnegato fu Kampar che fornì ai portoghesi una base locale. Malacca reclutò anche migliaia di mercenari da Giava, pagati all'inizio di agosto e con ben tre mesi di anticipo, e 3.000 mercenari turchi e iraniani. Infine, il sultano assemblò un arsenale di 8.000 armi a polvere da sparo, tra cui molti moschetti pesanti importati da Giava e dei cannoni del tipo "Lantaka" o "Cetbang" che sparavano colpi da 1/4 a 1/2 libbra.[19] In totale le forze del sultano contavano, secondo i mercanti cinesi che informarono i portoghesi, 20.000 combattenti. Erano stati radunati originariamente per fare una campagna contro il principale nemico di Malacca a Sumatra, il regno di Aru.[32]

Pur avendo molta artiglieria e armi da fuoco, Mahmud Shah difettava di artiglieri e moschettieri: quelle armi erano sia acquistate dai giavanesi e dai gujarati sia utilizzate da loro. All'inizio del XVI secolo, prima dell'arrivo dei portoghesi, i malesi erano un popolo senza armi da fuoco. La cronaca Sejarah Melayu riporta che nel 1509 i malesi non capivano "perché i proiettili uccidevano" tanta era la loro poca familiarità nell'uso delle armi da fuoco se non durante le cerimonie:[33]

(MS)

«Setelah datang ke Melaka, maka bertemu, ditembaknya dengan meriam. Maka segala orang Melaka pun hairan, terkejut menengar bunyi meriam itu. Katanya, "Bunyi apa ini, sepert guruh ini?" . Maka meriam itu pun datanglah mengenai orang Melaka, ada yang putus lehernya, ada yang putus tangannya, ada yang panggal pahanya. Maka bertambahlah hairannya orang Melaka melihat hal bedil itu. Katanya: "Apa namanya senjata yang bulat itu maka dengan tajamnya maka ia membunuh?"»

(IT)

«Dopo [i portoghesi sono] venuti a Malacca, poi si sono incontrati [gli uni con gli altri], hanno sparato [sulla città] con il cannone. Così tutta la gente di Malacca fu sorpresa, sconvolta nel sentire il rumore del cannone. Dissero: "Cos'è questo suono, come un tuono?". Poi il cannone fu puntato contro la gente di Malacca, alcuni persero il collo, alcuni persero le braccia, alcuni persero le cosce. La gente di Malacca era ancora più stupita di vedere il cannone. Dissero: "Qual è il nome dell'arma rotonda, con quella palla (proiettile o palla di cannone) che uccide facilmente?"»

Riflettendo decenni dopo su quanto male si fossero comportati i malesi contro i portoghesi, a Malacca e altrove, il cartografo Manuel Godinho de Erédia enumerò molte delle debolezze delle loro truppe di terra. Tra questi c'erano la mancanza di tattiche e formazioni militari ordinate, le loro armi corte, la mancanza di armature, l'uso di archi e giavellotti e le loro fortificazioni inefficaci.

«Le forze armate dei malesi non seguono la tattica militare ordinata dell'Europa. Si servono solo di attacchi e sortite in formazione di massa: il loro unico piano è quello d'organizzare un'imboscata negli stretti sentieri di boschi e boschetti, per poi sferrare un attacco con un corpo di uomini armati. Ogni volta che si schierano per la battaglia, si comportano male e di solito subiscono gravi perdite [...] Le armi che usano ordinariamente in guerra sono la spada, lo scudo, la lancia, gli archi e le frecce, e cerbottane con dardi avvelenati. Al giorno d'oggi, in conseguenza dei rapporti con noi, usano moschetti e ordigni. La spada, ha lama lunga 5 palmi (15 pollici), si chiama pedang: come la spada turca, ha un solo filo. Il pugnale, chiamato kriss, ha lama lunga 2 palmi (6 pollici) ed è realizzata in acciaio pregiato; porta un veleno mortale; il fodero è di legno, l'impugnatura è di corno d'animale o di pietra rara [...] La lancia chiamata azagaya è lunga 10 palmi (30 pollici): queste lance sono molto usate come dardi. Ci sono altre lance, lunghe fino a 25 palmi (75 pollici) [...] La loro artiglieria, di regola, non è pesante; anticamente usavano mortai e cannoni orientabili di vari metalli[N 2] [...] Per quanto riguarda l'impiego dell'artiglieria tra i malesi, sappiamo che durante la conquista di Malacca nell'anno 1511, Afonso de Albuquerque catturò molta piccola artiglieria, smerigli, falconetti e falconi di medie dimensioni [...] Le fortezze e le fortificazioni dei malesi erano solitamente strutture composte da terra e poste tra montanti di assi. Troviamo alcune costruzioni fatte di pietre sagomate unite tra loro senza malta né pece [...] In questo stile semplice furono costruite le principali fortezze e i palazzi reali [...] Solitamente però gli indigeni usano fortificazioni e recinti e palizzate fatte di grosso legname di cui c'è una grande quantità lungo il fiume Panagim sulla stessa costa [...] Così anticamente le loro fortezze, oltre ad essere fatte semplicemente di terra, erano costruite in una forma semplice, senza i punti militari appropriati»

Poiché i malcensi avevano introdotto le armi da fuoco solo di recente, dopo il 1509, non avevano adottato la pratica europea e indiana di fortificare i loro porti. Si affidavano pertanto ai Gujarati per aiutarli a costruire tali difese ed i Gujarati gestirono interamente il lavoro di costruzione delle fortificazioni di Malacca. Un capitano gujarati che voleva dichiarare guerra ai portoghesi fornì a Malacca navi gujarati e promise l'aiuto di 600 soldati e 20 bombarde. Altri difensori stranieri di Malacca erano iraniani, anch'essi importanti commercianti nell'Oceano Indiano.[33]

Conquista di Malacca

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Alfonso de Albuquerque, secondo governatore dell'India portoghese.

1º luglio - Albuquerque arriva a Malacca. Le navi portoghesi sparano una salva d'artiglieria e si schierano a battaglia, causando grande agitazione nel porto. L'ammiraglio dichiarò che nessuna nave doveva salpare senza il suo permesso e immediatamente avviò negoziati per liberare i prigionieri portoghesi in città. Poiché considerava la condotta del Sultano un tradimento, Albuquerque chiese che i prigionieri fossero restituiti senza riscatto come segno di buona fede ma Mahmud Shah rispose in modo vago ed evasivo e insistette affinché il governatore firmasse un trattato di pace in anticipo. In realtà, il Sultano stava cercando di guadagnare tempo per fortificare la città e richiamare la flotta al comando del Laksama (pt. Lassemane, lett. "ammiraglio") Khoja Hassan.

Albuquerque nel frattempo continuava a ricevere messaggi dal prigioniero Rui de Araújo che lo informava della consistenza delle forze del Sultano tramite Nina Chatu. Mahmud Shah poteva radunare 20.000 uomini tra cui arcieri turchi e persiani, 20 elefanti da guerra e migliaia di pezzi di artiglieria che erano però di disegno antiquato e supportati da uno sparuto corpo di artiglieri. Lo stesso Albuquerque avrebbe poi riferito al re che solo 4.000 di loro erano pronti per la battaglia.[36][37]

Il Sultano da parte sua non era troppo intimorito dal piccolo contingente portoghese. Albuquerque avrebbe poi scritto a re Manuele che, con sua grande costernazione, il Sultano era riuscito in qualche modo a stimare correttamente il numero totale di soldati a bordo della sua flotta con un margine di errore di "meno di tre uomini".[38] Rimase così in città ad organizzarne la difesa, "non rendendosi conto del grande pericolo in cui si stava mettendo".[39]

Dopo settimane di trattative in stallo, a metà luglio i portoghesi bombardarono la città. Sorpreso, il Sultano liberò prontamente i prigionieri e Albuquerque colse poi l'occasione per chiedere un ulteriore pesante risarcimento: 300.000 cruzados e l'autorizzazione a costruire una fortezza dove voleva. Il Sultano rifiutò. Presumibilmente, Albuquerque aveva già anticipato tale risposta e radunò i suoi capitani, rivelando loro che un assalto avrebbe avuto luogo la mattina seguente, 25 luglio, giorno di Santiago.[40]

Durante i negoziati, Albuquerque ricevette i rappresentanti di diverse comunità mercantili: gli indù che gli espressero il loro sostegno e i cinesi che si offrirono d'aiutarlo in ogni modo possibile. Albuquerque chiese ai cinesi diverse chiatte per velocizzare le sue operazioni di sbarco, non chiedendo altro perché desiderava evitare loro possibili rappresaglie se l'attacco fosse fallito, e li invitò a sfruttare una sua galea per osservare da lontano, in sicurezza, i combattimenti ed autorizzò chiunque volesse lasciare Malacca a farlo, cosa che diede ai cinesi un'ottima impressione dei portoghesi.[23]

Primo assalto

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Nau portoghese.

La flotta portoghese fornì fuoco di copertura allo sbarco con la sua potente artiglieria.

Albuquerque divise le sue forze in due gruppi: uno più piccolo sotto il comando di Dom João de Lima e uno più grande che comandò personalmente. Lo sbarco iniziò alle 02:00 del mattino. Mentre la flotta portoghese bombardava le posizioni nemiche a terra, la fanteria le spiagge su entrambi i lati del ponte della città su delle barche. Furono bersagliati dal fuoco d'artiglieria dei malesi sulle palizzate che si rivelò inefficace.[41] Albuquerque sbarcò le sue forze a ovest del ponte, noto come "Upeh", mentre Lima sbarcò sul lato est, "Ilher", dove si trovavano il palazzo del Sultano e una moschea. Una volta a terra, i portoghesi gettarono sulla sabbia i pavè protettivi delle chiatte per camminare sopra i tritelli e la polvere da sparo sparsi tutt'intorno.

Protetti da elmi e corazze d'acciaio, e con i fidalgo rivestiti d'armatura a piastre all'avanguardia, i portoghesi caricarono le posizioni difensive malesi, frantumando quasi immediatamente ogni resistenza. Superate le palizzate, lo squadrone di Albuquerque respinse i difensori sulla strada principale e si diresse verso il ponte, dove affrontarono una dura resistenza e un attacco dalle retrovie.
Sul lato est, lo squadrone di Lima affrontò il contrattacco del corpo reale di elefanti da guerra, comandato dallo stesso Sultano, suo figlio Alauddin e suo genero, il Sultano di Pahang. Brevemente scossi, i fidalgo alzarono le loro picche e attaccarono l'elefante reale, facendolo voltare in preda al panico, disperdendo gli altri elefanti e gettando nel caos le truppe che seguivano. Il Sultano cadde dal suo elefante e si ferì ma riuscì a fuggire in mezzo alla confusione.[42] A metà giornata, i due squadroni portoghesi s'erano incontrati al ponte, circondando gli ultimi difensori che si lanciarono nel fiume dove furono intercettati dagli equipaggi delle chiatte da sbarco. Con il ponte sicuro, i portoghesi sollevarono dei teli per proteggere la fanteria esausta dal sole intenso. L'assalto fu tuttavia annullato quando Albuquerque si rese conto di quanto fossero a corto di provviste e ordinò alle truppe di imbarcarsi di nuovo, incendiando il palazzo reale e la moschea lungo la strada.

Per impedire ai malesi di riprendere posizione sul ponte, il giorno seguente i portoghesi sequestrarono una giunca, la armarono di artiglieria (cannoni a retrocarica a fuoco rapido) e picche molto lunghe per evitare che venisse speronata da zattere incendiarie, e la trainarono verso il ponte. Alla foce del fiume si incagliò e finì subito sotto un pesante fuoco nemico. Il suo capitano, António de Abreu, fu colpito in faccia ma non cedette il comando, dichiarando che avrebbe comandato la nave dal suo letto di malattia, se necessario.[43]

Secondo assalto

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L'8 agosto, il governatore tenne un consiglio con i suoi capitani in cui invocò la necessità di mettere in sicurezza la città per interrompere il flusso di spezie verso il Cairo e la Mecca attraverso Calicut e per impedire che l'Islam prendesse piede. Per questo assalto, Albuquerque sbarcò l'intero esercito, diviso in tre gruppi, sul lato occidentale di Malacca ("Upeh") supportato da una piccola caravella, una galea e chiatte da sbarco armate come cannoniere. Mentre la giunca veniva sloggiata dalla marea mattutina crescente, attirando il fuoco dei difensori mentre navigava verso il ponte, iniziò lo sbarco, con il resto dellArmada che riprendeva a bombardare la città. Una volta sbarcati, i portoghesi di nuovo superarono rapidamente le difese malesi e riconquistarono il ponte, ormai privo di difensori. Su entrambi i lati, Albuquerque eresse barricate con barili pieni di terra e vi piazzò l'artiglieria sbarcata. Dal lato est, uno squadrone procedette all'assalto della moschea e di nuovo frantumò i difensori dopo una lunga lotta.[44]
Con il ponte fortificato e protetto con sufficienti provviste, Albuquerque ordinò ad alcuni squadroni e diversi fidalgo di correre per le strade e neutralizzare le postazioni di cannoni malesi sui tetti, abbattendo chiunque resistesse, con la perdita di molti civili.[43]

Il 24 agosto, mentre la resistenza del Sultano scemava, Albuquerque decise di prendere il pieno controllo della città, marciando con un quadrato di 400 uomini in file di 6 per le strade, al suono di tamburi e trombe, eliminando ogni residuo di resistenza. Secondo Correia, i malesi erano molto spaventati dalle picche pesanti portoghesi "che non avevano mai visto prima".[45]
L'operazione di pulizia durò 8 giorni. Incapace di opporsi ulteriormente ai portoghesi, il Sultano raccolse il suo tesoro reale e ciò che restava delle sue forze e si ritirò nella giungla.[46]

Il saccheggio

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Un cannone delle Indie orientali (cetbang), precisamente di Giava, ca. 1522.

Assicuratosi il controllo di Malacca, Albuquerque ne ordinò il sacco ma nel modo più ordinato possibile. Per tre giorni, dalla mattina alla sera, a gruppi di soldati fu concesso un tempo limitato per correre a turno in città e tornare in spiaggia con tutto ciò che potevano portare con sé. Era loro severamente vietato saccheggiare le proprietà di cinesi, indù e peguani che avevano sostenuto i portoghesi e ricevevano bandiere per contrassegnare le loro famiglie. La popolazione generale di Malacca rimase illesa.[47] Il bottino fu immenso: oltre 200.000 cruzados tornarono alla Corona insieme a 3.000 bombarde di bronzo e ferro e diversi schiavi.[48] I cannoni trovati erano di vario tipo: esmeril Archibusone da 1/4 a 1/2 libbre,[49] probabilmente si riferisce a cetbang o lantaka ), Falconetto (cannone girevole in bronzo fuso più grande del esmeril, da 1 a 2 libbre,[49] probabilmente si riferisce al lela, e Falcone (lungo cannone o colubrina di calibro 6-10 libbre, probabilmente si riferisce a meriam ),[50] e bombarda (corto, grosso e pesante cannone).[51] I malesi avevano anche un bel cannone di grandi dimensioni donato dallo Zamorin di Calicut, nemico di vecchia data dei portoghesi.[52][53] Gli armaioli di Malacca sono stati paragonati favorevolmente a quelli della Germania che erano allora i leader riconosciuti nella produzione di armi da fuoco e le affuste di armi di Malacca sono state descritte come senza rivali da qualsiasi altra terra, incluso il Portogallo.[50] I portoghesi catturarono anche 3000 dei 5000 moschetti che erano stati forniti da Giava a Malacca.[54]

Secondo Correia, i soldati regolari ricevettero oltre 4.000 cruzados ciascuno, i capitani fino a 30.000.[48] All'epoca, 1.000 cruzados erano all'incirca l'equivalente del reddito annuo di un conte in Portogallo.[55] Albuquerque recuperò dalla spedizione uno sgabello incrostato di gioielli, quattro leoni d'oro e persino un braccialetto d'oro che si diceva avesse la proprietà magica di impedire a chi lo indossava di sanguinare.[19] Il governatore stimò che rimanessero i due terzi della ricchezza della città.

Mappa portoghese della città di Malacca con la nuova cinta muraria costruita nel 1564
Lo stesso argomento in dettaglio: Malacca portoghese.

La conquista di Malacca costò ai portoghesi 28 morti, più molti altri feriti. Nonostante l'impressionante numero di pezzi d'artiglieria ed armi da fuoco di cui disponeva Mahmud Shah, la maggior parte delle vittime lusitane furono causate dalle frecce avvelenate, difettando i malcesi di capaci artiglieri.

Il Sultano fu sfrattato, ma non era fuori combattimento. Si ritirò alcuni chilometri a sud di Malacca, alla foce del fiume Muar, dove si incontrò con l'armata e si accampò, in attesa che i portoghesi abbandonassero la città una volta terminato il saccheggio. Contrariamente alle speranze di Mahmud Shah, Albuquerque non desiderava solo saccheggiare la città ma tenerla per sempre.

Lo stesso argomento in dettaglio: A Famosa.

Albuquerque ordinò immediatamente la costruzione di una fortezza a ridosso del litorale di Malacca, sul sito precedentemente occupato dal palazzo ("Istana") del sultano, che prese il nome di A Famosa, per il mastio insolitamente alto (oltre diciotto metri). Inizialmente realizzata in terra e legname ottenuto da demolizioni[56][57], la struttura fu poi irrobustita per ordine del governatore con pietra, laterite[58] e mattoni razziati da tombe malesi, dalla moschea e da altri edifici preesistenti (parte del materiale fu comunque trasportato in loco dalle navi portoghesi).[59]
La fortezza aveva una guarnigione di 500 uomini, 200 dei quali dedicati al servizio a bordo delle 10 navi rimaste come flotta di servizio della fortezza.[60]

Amministrazione e diplomazia

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Disegno portoghese di Malacca, circa 1550-1563 (prima della costruzione della cinta difensiva).

Albuquerque si rese subito conto che il mantenimento del controllo su Malacca, così lontana dall'India portoghese (per non parlare del Portogallo stesso!) sarebbe dipeso dal sostegno ai portoghesi da parte della popolazione locale e delle comunità vicine.

Anzitutto, il governatore assicurò agli abitanti che sarebbero stati liberi di procedere con i loro affari come di consueto. Il filo-portoghese Nina Chatu fu nominato nuovo Bendahara di Malacca e rappresentante della comunità indù. Anche le comunità giavanesi, lusong e malesi ebbero i loro magistrati, sebbene il rappresentante giavanese, Utimuta Raja, sarebbe stato giustiziato e sostituito poco dopo per aver cospirato con l'esiliato sultano.[61] Il processo di Utimuta Raja fu il primo atto di giustizia che i portoghesi compirono in Malacca secondo il diritto romano, con il quale "il popolo di Malacca fu molto sollevato da quel tiranno, e ci considerò gente di molta giustizia".[62] Fu coniata una nuova valuta con il sostegno di Nina Chatu e fu organizzata una parata per le strade della città, in cui le nuove monete furono lanciate da ciotole d'argento alla popolazione dall'alto di undici elefanti. Due araldi proclamarono le nuove leggi, uno in portoghese e l'altro in malese, seguiti dalle truppe portoghesi che marciavano al suono di trombe e tamburi, "con grande stupore della gente del posto".[63]

Furono inviate missioni diplomatiche a Pegu e nel Siam per assicurarsi alleati e nuovi fornitori di alimenti vitali, come il riso, per sostituire i giavanesi che erano ostili ai portoghesi. Albuquerque aveva già inviato un inviato, Duarte Fernandes, in Siam a luglio, mentre l'assalto alla città era ancora in corso, e uno scambio di diplomatici assicurava il fermo sostegno del re del Siam che disprezzava Mahmud Shah. Anche il Regno di Pegu confermò il suo sostegno ai portoghesi e nel 1513 giunsero giunche da Pegu per commerciare a Malacca.[64]
Durante la sua permanenza a Malacca, Albuquerque vi ricevette inviati e ambasciatori da molti regni malesi e indonesiani, tra cui anche il genero del sultano Mahmud, il sultano di Pahang, che recò doni per il re del Portogallo.

I portoghesi razziarono anche una grande mappa nautica da un pilota di Giava sulla quale, stando ad Albuquerque, erano raffigurati:

«il Capo di Buona Speranza, il Portogallo e la terra del Brasile, il Mar Rosso e il Mar di Persia, le Isole Chiodi di garofano, la navigazione dei cinesi e del Gom, con le loro rotte e rotte dirette seguite dalle navi, e l'entroterra e come i regni confinano l'uno con l'altro. Mi sembra. Signore, questa è stata la cosa migliore che abbia mai visto, e Vostra Altezza sarà molto lieta di vederla; aveva i nomi in scrittura giavanese, ma avevo con me un giavanese che sapeva leggere e scrivere. Mando questo pezzo a Vostra Altezza, che Francisco Rodrigues ha tracciato dall'altro, in cui Vostra Altezza può veramente vedere da dove vengono i cinesi e i Gore, e la rotta che le vostre navi devono prendere per le Isole Chiodi di garofano e dove si trovano le miniere d'oro, e le isole di Giava e Banda.»

Alcune informazioni suggeriscono che erano già stati effettuati adattamenti basati su mappe portoghesi saccheggiate dalla feitoria nel 1509. Con tale conoscenza, i portoghesi impararono la strada per le favolose "Isole delle Spezie" e in novembre Albuquerque organizzò una spedizione di tre nau e 120 uomini, al comando di António de Abreu, già comandante di una giunca, per raggiungerle. Abreu fu il primo europeo a navigare nell'Oceano Pacifico.[66]

Quando Albuquerque lasciò Malacca nel gennaio 1512, gli abitanti piansero la sua partenza.[67] Intorno alla punta nordoccidentale di Sumatra, la flotta affrontò una tempesta che distrusse l'ammiraglia di Albuquerque, la Flor do Mar, e costò alla spedizione la perdita di molti documenti (tra i quali una lettera ufficiale del re del Siam per re Manuele), il bottino e i doni destinati alla Corte, ad eccezione di un grande rubino, una spada decorata e un calice d'oro donato dal re del Siam che l'equipaggio riuscì a salvare.[68]

Nel 1513, Jorge Álvares salpò da Malacca e sarebbe arrivato a Canton, entrando finalmente in contatto con la Cina.[69]

La fine del Sultanato di Malacca e il destino di Mahmud Shah

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Poco dopo la partenza di Albuquerque, Malacca fu attaccata dal redivivo Mahmud Shah ma a quel punto i portoghesi potevano contare su oltre 500 uomini forniti dagli abitanti della città per aiutarli a respingere l'attacco.[70] A maggio, i portoghesi, insieme a oltre 2000 alleati indigeni al comando di Gaspar de Paiva, costrinsero il Sultano a fuggire dal suo accampamento presso il fiume Muar.[71] Mahmud Shah si ritirò quindi nel Sultanato di Pahang, dove evitò per un pelo un tentativo di omicidio.[72] In seguito, si trasferì a Bintan, un'isola-regno a sud-est di Singapore che usurpò per dichiarare guerra ai portoghesi a Malacca, molestando la città, i suoi commerci e sabotando le loro relazioni diplomatiche con la Cina, finché i portoghesi alla fine non devastarono Bintan nel 1526, restituendola al suo legittimo sovrano e rendendo quel regno loro vassallo.[73] Mahmud Shah si ritirò quindi a Kampar (Sumatra) e guidò un governo in esilio lì fino alla sua morte nel 1527.[74] Suo figlio, Alauddin, avrebbe fondato il Sultanato di Johor e avrebbe sviluppato relazioni più o meno pragmatiche con i portoghesi.[75]

  1. ^ Il Sultano di Malacca disponeva in realtà di un gran numero di bocche da fuoco di vari calibri che non furono utilizzate durante lo scontro ma che divennero parte del bottino razziato dai portoghesi (v.si seguito).
  2. ^ La versione originale portoghese menzionava berços e pedreyros. I berços si riferiscono a cannoni girevoli a retrocarica, gli archibusoni, mentre i pedreyros si riferiscono a pietrere o mortai - v.si De Erédia 1881, 21

Bibliografiche

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Voci correlate

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